Processo Mori: il tradimento di Paolo Borsellino nei racconti di Alessandra Camassa e Massimo Russo

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Processo Mori: il tradimento di Paolo Borsellino nei racconti di Alessandra Camassa e Massimo Russo


di Lorenzo Baldo – 4 maggio 2012
Palermo.“Un amico mi ha tradito…”. Le parole disperate di Paolo Borsellino pronunciate poco tempo prima della strage di via D’Amelio sono tornate alla ribalta attraverso i racconti di coloro che le ascoltarono vent’anni fa direttamente dal giudice palermitano. All’udienza odierna del processo Mori-Obinu sono stati ascoltati gli ex colleghi del magistrato assassinato il 19 luglio 1992 Alessandra Camassa e Massimo Russo.

“Ricordo che il giudice Borsellino si alzò dalla sedia – ha spiegato l’attuale presidente di sezione al Tribunale di Trapani Alessandra Camassa –, si distese sul divano manifestando stanchezza e avvilimento, iniziò a lacrimare in modo evidente. E ci disse: ‘Non posso credere, non posso credere che un amico mi abbia potuto tradire’. Io e il collega Massimo Russo siamo rimasti sorpresi. Ebbi la netta sensazione che quella notizia l’avesse appresa pochissimo tempo prima… Non ebbi la forza di chiedere a chi si riferisse e volli cambiare anzi argomento”. Alla domanda del pm Nino di Matteo sulla tempistica di quel ricordo la Camassa ha replicato di poterlo collocare a fine giugno del ’92, orientativamente in un lasso di tempo tra il 22 e il 25 giugno. In quella occasione l’ex collega del giudice si era predisposta ad organizzare il saluto di Paolo Borsellino ai colleghi di Marsala che sarebbe avvenuto il successivo 4 luglio ’92.
Nel verbale di interrogatorio del 14 luglio 2009 Alessandra Camassa aveva raccontato per la prima volta quell’episodio specificando che lo sfogo di Borsellino era stato susseguente ad alcune domande che lei e il collega Russo gli avevano posto sui pericoli cui si esponeva tra l’altro interessandosi alle indagini relative alla strage di Capaci. In quello stesso verbale la Camassa aveva ulteriormente specificato che l’allora maresciallo Canale, stretto collaboratore di Borsellino, le aveva più volte confidato che “a suo avviso Borsellino si fidava troppo dei vertici del Ros, facendo i nome dell’allora colonnello Mori e del generale Subranni, sostenendo egli che si trattava di personaggi ‘pericolosi’, senza precisare altro”. L’ex collega del giudice Borsellino ha specificato in aula che le confidenze di Canale l’avevano alquanto sorpresa perché conosceva la stima di Borsellino nei confronti dell’Arma e in parte infastidita soprattutto a fronte del tentativo di quest’ultimo di far arrivare tramite lei a Paolo Borsellino queste sue considerazioni. Cosa che lei non aveva comunque fatto. Di Matteo ha ripercorso un ulteriore passaggio del verbale di interrogatorio del 2009 relativo alla figura di Angelo “Ninni” Sinesio, ex appartenente ai Servizi Segreti transitato all’Alto Commissariato Antimafia, attuale commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria. La Camassa ha ricordato il legame d’amicizia tra Borsellino e Sinesio sottolineando che quest’ultimo partecipava spesso agli interrogatori presso l’ufficio dell’Alto Commissario e che solo anni dopo lei aveva saputo che era un appartenente ai Servizi. Lo stesso Sinesio si è reso protagonista di un episodio inquietante avvenuto 2 o 3 giorni dopo la strage di via D’Amelio. Durante un pranzo a cui parteciparono Sinesio, la Camassa e suo marito l’agente dei Servizi aveva rivolto al magistrato insistenti domande sulle indagini più recenti di Borsellino manifestando particolare interesse su un personaggio agrigentino che la Camassa aveva identificato in Calogero Mannino, chiedendo notizie sulle indagini relative a Filippo Salamone. Fidandosi di Sinesio la Camassa gli aveva riferito alcune anticipazioni fatte a Borsellino dal pentito Gaspare Mutolo su Bruno Contrada e Domenico Signorino. Subito dopo Sinesio aveva manifestato forti colpi di tosse allontanandosi dal tavolo con la scusa di andare in bagno. L’ipotesi che Sinesio si fosse invece allontanato per andare a telefonare a qualcuno era stata subito avanzata dal marito della Camassa, negli anni a venire avrebbe acquisito ulteriore consistenza propriamente a fronte delle indagini su Bruno Contrada. La domanda sul ruolo che ha giocato Ninni Sinesio resta a tutt’oggi inevasa, su di lui non è stata fatta ancora piena luce. Partendo dal racconto dello sfogo di Borsellino l’ex pm Massimo Russo ha ripercorso quanto affermato nel verbale di interrogatorio del 15 luglio 2009. “Ho l’immagine di Paolo tristissima – ha dichiarato a verbale l’attuale assessore alla sanità del governo regionale – ci accolse cordialmente ma era molto triste; ci fece accomodare e ci disse ‘chiudete la porta’. Parlammo del più e del meno e, ad un certo punto, disse che il giorno prima, o qualche giorno prima, era stato a Roma e che aveva avuto un pranzo o forse una cena, comunque un momento conviviale, con alti ufficiali dei carabinieri; sul punto il mio ricordo è sfumato. Mentre era ancora seduto alla scrivania e aveva evocato questa circostanza, con le lacrime agli occhi disse: ‘Mi hanno tradito’ o ‘qualcuno mi ha tradito’; quindi si alzò dalla scrivania e, si sdraiò, quasi lasciandosi andare, sul divanetto a due posti”. In aula Russo ha specificato che la frase riportata poteva anche essere “un amico mi ha tradito…” senza averne la certezza assoluta, sottolineando inoltre che per spezzare l’imbarazzo di fronte a quella scena drammatica aveva chiesto a Borsellino come andassero le cose in procura e che quest’ultimo gli aveva risposto “è un nido di vipere”. Quello che salta agli occhi è indubbiamente la concomitanza della cena di Borsellino con gli alti ufficiali dei carabinieri a ridosso del suo sfogo con Russo e la Camassa avvenuto tra il 22 e il 25 giugno. E’ quello il momento clou nel quale Borsellino si rende conto di essere stato tradito? Al momento non ci sono riscontri tali da poterlo avallare con certezza, solamente pezzi scomposti di un’immagine che lentamente sembra prendere forma.

Processo Mori /2 La testimonianza contrastante di Nicola Cristella
Partiamo dalla fine, dall’ultima domanda di Antonio Ingroia al teste Nicola Cristella: “Nella sua reiterata ‘resistenza’, ‘remora’ a non fare nomi è stato in qualche modo condizionato dalla paura di prendersi qualche denuncia per calunnia?”. “Si…”. Con questa affermazione l’ex caposcorta dell’allora vicecapo del Dap Francesco Di Maggio ha concluso la sua audizione al processo Mori-Obinu. Un’audizione costellata di numerose affermazioni contrastanti con i suoi precedenti verbali di interrogatorio del 13 maggio 2003 (reso alla procura di Firenze) e quello del 12 gennaio 2012 (reso alla procura di Palermo). “Quanto alle frequentazioni che il Consigliere Di Maggio aveva in quel periodo – aveva dichiarato nel 2003 – anche in relazione al suo ruolo istituzionale, rammento che (Francesco Di Maggio, ndr) frequentava il Maggiore Bonaventura del S.I.S.De, l’attuale comandante del ROS Gen. Ganzer, il colonnello Ragosa della Polizia Penitenziaria con cui erano molto amici” (…) “La abituale frequentazione con il maggiore Bonaventura era accompagnata anche dalla presenza di un’altra persona con cui si vedevano spesso a cena tutti e tre, quasi tutte le sere: questa persona veniva all’appuntamento in motorino e se non ricordo male si tratta di un civile all’epoca anch’egli nei servizi segreti. In questo momento il nome di questa persona non mi sovviene. Un altro contatto del Consigliere Di Maggio era con il capo di gabinetto La Greca e, in ambito ministeriale con le dr.sse Di Paola e Ferraro”. In fondo al verbale di Firenze vi è scritto che “in sede di rilettura” l’Ispettore Cristella precisava che “la persona precedentemente come commensale abituale del Consigliere Di Maggio e del Maggiore Bonaventura era il Colonnello Mori del ROS”. Nel verbale veniva evidenziato che però l’Ispettore “precisava che a questo punto è un po’ più incerto sul fatto di chi dei due, se cioè Bonaventura o Mori, venisse all’appuntamento in motorino”. A distanza di 9 anni l’ispettore Cristella ha affrontato direttamente il tema del carcere duro con i pm di Palermo che lo hanno interrogato quattro mesi fa. “Io ricordo che a Di Maggio fu fatta una pressione per posticipare l’applicazione dei 41bis – ha esordito Cristella nel verbale – , cioè nel senso di aspettare, prima di applicare diciamo il 41bis gli chiesero se poteva ancora attendere, io questo lo ricordo”. Alla domanda su chi esercitasse pressioni su Di Maggio l’ispettore ha tentennato: “… da quello che ho potuto capire, un politico siciliano, chi sia non lo so”. “…perché ebbe (Di Maggio, ndr), ebbe qualche telefonata da un politico siciliano che gli chiese esplicito se poteva attendere prima dell’applicazione del 41bis”. Dopo ulteriori tentennamenti legati alla paura di beccarsi una denuncia Cristella ha quindi fatto il nome del politico in questione: “Io dico, dico, dico di aver capito un certo Mannino…”. I pm gli hanno chiesto di capire se quel nome fosse venuto fuori nell’ambito di dialoghi. Cosa che Cristella ha confermato senza timori: “Lui ebbe con altri… credo i suoi soliti amici insomma…”. “I commensali? – hanno domandato i magistrati – Bonaventura, Mori e Ganzer?” “Si – ha replicato Cristella –, da lì poi si scatenò una, diciamo una guerra telefonica insomma che lui si imbestialì su questa storia qua, su questo…”. Alla domanda dei magistrati se tra le persone con cui si sfogava c’erano i commensali Cristella non ha manifestato dubbi: “Sicuramente, perché sicuramente i commensali erano abbastanza a conoscenza di questo, perché in quel periodo si incontrarono molto ma molto più spesso del solito”. “Con chi?” – hanno chiesto i magistrati. “Con Ganzer, Bonaventura e credo sia Mori l’altro. Si intensificarono, su parecchi fronti, anche con la dottoressa Ferraro…”. “Lui (Francesco Di Maggio, ndr) i suoi sfoghi li faceva anche con me, cioè nel senso la sera lo accompagnavo a casa insomma, salivo sopra, una sera per poco dà fuoco, dà fuoco all’appartamento perché comunque lui diceva: non possono chiedere a un figlio di un carabiniere di andare a patti con qualcosa che comunque era dall’altra parte”. Nella prossima udienza del 18 maggio verranno ascoltati Agnese Borsellino, Sandra Amurri e Riccardo Guazzelli.

fonte: antimfiaduemila