Calabria in svendita

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Calabria in svendita
[ di Gaetano Liardo ]

 

 

Politica e ‘ndrangheta vanno a braccetto. Succede in Calabria, culla di una delle mafie più potenti al mondo. Capace di infiltrarsi nei cinque continenti, mantenendo un profondo legame con la terra di origine.

 

Un controllo asfittico dal punto di vista sociale, economico e politico. Dal 1991 al 2009, 46 Consigli comunali sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. Uno a Cosenza, 7 a Catanzaro, 3 a Crotone, 22 a Reggio Calabria, 8 a Vibo Valentia. Al 30 giugno 2010 risultano cinque Consigli sciolti: Sant’Onofrio e Fabrizia a Vibo, San Ferdinando, Taurianova e Rosarno in provincia di Reggio. A Rosarno si è tornati alle urne a novembre. A ottobre, invece, è stato sciolto il Comune di Condofuri. A far scattare l’allarme l’arresto dell’Assessore ai lavori pubblici,
Filippo Rodà, considerato dagli inquirenti: «Il referente politico della cosca Rodà – Casile».

A Siderno è finito nel mirino degli investigatori l’ex Sindaco Alessandro Figliomeni. Fermato con l’accusa di associazione mafiosa, avrebbe ricoperto, all’interno del locale sidernese, il ruolo di “Santista”. Una posizione di certo non marginale. Sicuramente subalterna a quella di Giuseppe Commisso, il Mastro, boss in grado di
influenzare la politica locale e regionale, gestendo un consistente pacchetto di voti. Oltre a Figliomeni, hanno ricevuto l’avviso di garanzia altri cinque politici: Antonio Commisso, ex assessore al Comune di Siderno, Giuseppe Tavernese, consigliere comunale, Luciano Racco, Pietro Crinò e Cosimo Cherubino, candidati
non eletti alle regionali di marzo.
Le accuse variano dal voto di scambio al concorso esterno. Il ruolo del Mastro è ben evidenziato dai magistrati: «Sembrapossedere una macchina infernale, capace non solo di favorire l’esito elettorale, bensì di distruggere, sul piano politico, qualsiasi avversario». Un boss potente a cui i politici chiedono aiuti e favori. Come nel caso di Giuseppe Pelle di San Luca. Voti in cambio di favori alle imprese prestanome. Questa la richiesta di cinque politici intercettati nella casa del boss. Con l’operazione “Reale 3” sono finiti in manette il consigliere regionale Santi Zappalà, e altri quattro candidati non eletti: Antonio Manti (recentemente scarcerato dal Tribunale del Riesame), Pietro Nucera, Liliana Aiello, Francesco Iaria. Infine la condanna a 11 anni e 6 mesi a Domenico Crea. Ex consigliere regionale ed ex vicepresidente della Giunta regionale, arrestato nel 2008 nel corso dell’operazione “Onorata sanità” con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Tra amministratori locali e regionali, si assiste in Calabria al disfacimento di una classe politica che, con rare eccezioni, ha scelto la via del compromesso con la ‘ndrangheta. Politici che si svendono ai boss.