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La Conferenza episcopale solidale coi magistrati e dura con la politica

«Calabria giardino o selva?»

I vescovi invitano i mafiosi a convertirsi e la regione ad avere «la libertà di essere se stessa»

 

di ANDREA GUALTIERI

ERA un giardino, la Calabria. Ora, forse, è piuttosto una selva. Monsignor Vittorio Mondello, vescovo di Reggio e presidente dell’assemblea dei vescovi calabresi, usa una metaforaamaraper descrivere quello che definisce «lo scenario così fragile della nostra terra».

Con gli altri componenti della Conferenza episcopale regionale ieri si trovava a Rossano, la città che in occasione dei 1100 anni dalla nascita di San Nilo ha ospitato l’incontro autunnale dei vescovi. Si erano radunati lunedì e ventiquattr’ore dopo è arrivata la notizia della nuova minaccia rivolta al procuratore capo della città dello Stretto. Dai Pastori della Chiesa calabrese è partito un messaggio di solidarietà a Pignatone e «a tutti i magistrati calabresi per il lavoro che svolgono con impegno coraggioso». Ma anche una ferma condanna «di ogni attività criminale» e un invito «a quanti aderiscono alle associazioni mafiose di convertirsi, senza coprire – specifica noi prelati – le azioni criminali con apparenze e segni religiosi».

Nel messaggio dei vescovi c’è spazio per la fiducia «nella Provvidenza divina e nella buona volontà di tutte le persone buone e oneste della regione perché questi gravi problemi possano essere risolti nel più breve tempo possibile». Ma ciò nonporta a sottovalutare quella che viene definita una «recrudescenza sfacciata della criminalità organizzata in questo periodo», nel coltivare una mentalità che, è scritto in un documento, «disprezza la vita e ostacola lo sviluppo della nostra terra».

Nel corso della celebrazione solenne nella cattedrale di Rossano,Mondello aveva usato espressioni ancora più drastiche, partendo dalla constatazione che «la Calabria e le nostre Chiese stanno vivendo la fatica della ricerca»: la regione, si chiede il presule, «non è chiamata ad uscire dal giogo secolare della malavita organizzata, da una subcultura mafiosa, che si fa strada dentro gli scenari della vita di ogni giorno e che si manifesta in una miriade di segni di una violenza inaudita, sostenuta a volte dall’omertà e spesso dalla paura? Non deve forse uscire la Calabria da una politica schiava del clientelismo, ferita dal gioco delle parti,vissuta senza respiro, chiusa agli orizzonti, incapace di farsi eco credibile dei problemi e del dolore della gente?».

Il presidente dei vescovi calabresi lancia una sferzata anche ai cattolici: «Sono abitate da Dio le nostre Chiese? E non mi riferisco – ha spiegato – alla presenza di Cristo nei tabernacoli di tutte le chiese della Regione. Mi riferisco allo stile della nostra vita, al tessuto del nostro quotidiano».

Poi la metafora: la Calabria «è un giardino o una selva? Vi splende il sole, una stagione dietro l’altra, o l’incertezza?». Le ha elencate, Mondello, queste incertezze: «il lavoro sembra una chimera, i viaggi della speranza

alla ricerca di un’occupazione si susseguono lungo i giorni di ogni anno; una sanità efficiente sembra a volte un lontano miraggio; i conflitti quotidiani continuano a partorire lutti e paure; i giovani si aprono al futuro come fosse un gioco d’azzardo». La Calabria, ha aggiunto il presule, «sarebbe davvero stupenda se avesse la libertà di essere se stessa». Ma intanto, ha concluso, è «la certezza di Dio, l’unica presenza che non tradisce»la consolazione nell’attesa che si formi «una classe politica matura, un laicato più coraggioso, una burocrazia più efficiente, una scuola più qualificata ».

Pillole di ucceo goretti

Mina e Mons.Mondello

Molti di voi forse non ricordano una famosa canzone di Mina,io che ho una certa età si.

Una volta era solo  Mina a cantare …parole …parole…parole ed era piacevole ascoltarla.Ora a fare parole sono in tanti ma non mi aspettavo che al coro si unisse anche S.E. Mons. Mondello il quale predica bene ma…prima di chiedere,forse bisogna  l’esempi di coerenza e prendere le dovute distanze.

Vediamo cosa dice Rioberto saviano:

“All’inizio di ottobre, la famiglia Condello è persino riuscita ad ottenere la lettura delle parole di felicitazione di Benedetto XVI trasmesse nella cattedrale di Reggio Calabria da don Roberto Lodetti, parroco di Archi, agli sposi Caterina Condello e Daniele Ionetti: la prima, figlia di Pasquale; il secondo, il figlio di Alfredo Ionetti, ritenuto il tesoriere della cosca. “Increscioso e deplorevole” ha definito l’episodio il settimanale diocesano l’Avvenire di Calabria. La prassi vuole che quando gli sposi desiderano ricevere un telegramma o una pergamena del Papa, ne facciano richiesta al parroco o ad un prete di loro conoscenza, il quale trasmette la richiesta all’ufficio matrimoni della Curia. Non è il telegramma a destare scandalo quanto piuttosto il via libera dato dalla Curia reggina per le nozze in cattedrale di due rampolli di una potentissima ‘ndrina calabrese. Difficile credere che non si sia prestata attenzione ai cognomi dei due sposi. Anche perché Caterina Condello e Daniele Ionetti sono cugini di primo grado e il diritto canonico (art. 1091) consente un matrimonio tra consanguinei solo con motivata dispensa richiesta dal parroco e sottoscritta dal vescovo.”

Questo succede  nella diocesi di Reggio calabria ma qualcosa succede anche in quella di Palmi dove è Vescovo S.E. Mons. Luciano Bux.

Da una indagine emergerebbe che:”L’appalto del Centro Ambesi, diretto da Don Silvio Mesiti ,il quale è anche cappellano del carcere di Palmi, sia stato affidato ad un’impresa in odor di ‘ndrangheta.

Il nome di Don Silvio compare inoltre in una lettera tra due boss:

“…Fortunato mi ha detto che a fine giugno vi dovrebbero concedere un altro permesso,ciò mi fà un grande piacere e VI RACCOMANDO SE VE LO CONCEDONO PER …Omissis… DI STARE ATTENTO; SE INVECE VE LO CONCEDONO DA DON SILVIO STATE TRANQUILLISSIMO.”

Ed ancora:
“P.S. SALUTI PER TUTTI I PAESANI CHE SONO CON VOI NELLA SEZIONE,QUANDO LO VEDETE DATE UN ABBRACCIO A DON SILVIO DA PARTE MIA.”
Il permesso di cui si parla viene concesso per una struttura protetta diretta sempre da Don Silvio Mesiti.

E ritornando alla coerenza mi chiedo dove era S.E. Mons. Mondello quando in quarantamila gridavano “NO ‘NDRANGHETA” davanti al Duomo di Reggio Calabria ?

Sarà selva e non giardino, se non si passa dalle parole ai fatti, se i Sacerdoti che non possono o non vogliono prendere le distanze, non vengono almeno trasferiti in sedi diverse.

Una cosa mi consola, che Preti coraggiosi e che ogni giorno combattono la ‘ndrangheta ce ne sono anche in questa SELVA.

ucceo goretti