Duisburg, tre anni dopo

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Duisburg, tre anni dopo
Domenica 15 Agosto 2010

duisburgstrage

di Claudio Cordova –
“Warum?”, “perché?” si chiedevano i tedeschi tre anni fa. La risposta, cinica, è facile da dare: perché le cosche di ‘ndrangheta hanno, nel tempo e senza che gli organi investigativi tedeschi se ne siano accorti, colonizzato la Germania. Per cui non è affatto impensabile che

a Duisburg possa accadere ciò che accade a San Luca, Platì, Africo o, cambiando versante, a Gioia Tauro, Palmi e Rosarno.


Nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 2007 a Duisburg cadono in sei, tutti finiti con un colpo alla testa, tipica circostanza mafiosa: Tommaso Venturi, 18 anni, originario di Corigliano Calabro (Cosenza), Francesco Giorgi, 16 anni, originario di San Luca (Reggio Calabria), Francesco Pergola, 22 anni, di Siderno (Reggio Calabria), Marco Pergola, 20 anni, anch’egli di Siderno, Marco Marmo, 25 anni, di San Luca, così come Sebastiano Strangio, 39 anni, chef e proprietario del ristorante “Da Bruno”, dove i giovani avevano celebrato il 18esimo compleanno di Venturi e, con esso, probabilmente anche il suo ingresso nell’Onorata Società, dato che gli verrà trovato addosso un santino bruciacchiato.


La strage si inquadrerebbe nell’eterna faida tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari. L’obiettivo principale sarebbe Marco Marmo, sospettato di avere conservato le armi servite per l’omicidio di Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta, morta nel dicembre 2006, il giorno di Natale.



Cosa è cambiato in tre anni?



Sicuramente il sangue di Duisburg ha aperto gli occhi all’autorità giudiziaria tedesca che, da allora, collabora più proficuamente con gli esperti magistrati calabresi, anche se in Germania si fa ancora fatica a percorrere la strada del sequestro di beni, l’arma che più fa male alle cosche: il 10 aprile 2008, quasi un anno dopo la mattanza, il tribunale di Duisburg rifiuta il sequestro di tre pizzerie tra cui quella della strage e di due appartamenti appartenenti alle cosche proposto dalla Dda di Reggio Calabria, e accolta dal Gip di Reggio Calabria, Natina Pratticò.



Nel corso di tre anni, però, gli investigatori mettono le manette ai polsi a numerosi esponenti delle cosche di San Luca: dapprima l’operazione Fehida, poi gli arresti in Germania, e quello di Giovanni Strangio, catturato ad Amsterdam il 12 marzo 2009, colui che, secondo gli inquirenti, sarebbe l’ideatore della strage, nonché il capo del commando. Infine, nel corso dell’operazione Fehida 3, gli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria, diretti da Renato Cortese, gli stessi che avevano preso Strangio, arrestano Giuseppe e Sebastiano Nirta della cosca Nirta-Strangio, gli ultimi due presunti partecipanti alla strage.



A Locri è in corso il processo e tra gli imputati, difeso dall’avvocato Carlo Taormina, c’è proprio Giovanni Strangio, detenuto in regime di 41bis nel carcere di Rebibbia a Roma. E però, i tempi della giustizia consentono ad alcuni imputati di uscire di galera: proprio due giorni fa, infatti, la Corte d’Assise di Locri ha emesso il provvedimento di scarcerazione nei confronti di Antonio e Sonia Carabetta, padre e figlia, e Luca Liotino e Antonio Rechichi, che erano stati arrestati nel dicembre 2007 in Germania. Per i quattro, che rispondono di associazione mafiosa, sono scaduti i termini di custodia cautelare in carcere (due anni dall’emissione dell’ordinanza).



Il processo, qualora dovesse concludersi con delle condanne, metterebbe un altro tassello nella ricostruzione della geografia delle ‘ndrine fuori dai confini regionali e nazionali. Sì, perché l Canada, l’Australia, ma, soprattutto, la Germania e la Svizzera, sono sedi distaccate, centri d’interesse, veri e propri avamposti delle cosche all’estero. E’ stata, in particolare, l’operazione “Il Crimine”, condotta, il 13 luglio scorso, in collaborazione tra le Procure di Milano a Reggio Calabria a svelare i nuovi assetti delle cosche reggine: affari e denaro all’estero, il cervello in Calabria.



“Locali” di ‘ndrangheta organizzati sulla stessa struttura di quelli italiani e un organismo superiore, anche in quei casi chiamato “Crimine”, che ne controlla gli affiliati e le loro attività. Ma i nuclei all’estero, così come quelli nel nord Italia, non agiscono mai in autonomia (e se lo fanno i responsabili subiscono dure conseguenze) rispetto alla casa madre: stando all’indagine, a tenere i fili delle cellule all’estero sarebbe Domenico Oppedisano, l’80enne di Rosarno, sconosciuto alle cronache giudiziarie, salito alla ribalta proprio in seguito al suo arresto, nel luglio scorso.



La Germania con Singen, Rielasingen, Radolfzell, Ravensburg, Engen e Francoforte, e la Svizzera di Zurigo e Fravenfeld sono le due nazioni che, più di tutte, accolgono esponenti delle ‘ndrine. Nelle intercettazioni, contenute nell’indagine “Il Crimine”, Bruno Nesci, un presunto affiliato di Singen (al confine tra Germania e Svizzera), si lamenta con Oppedisano perchè un personaggio calabrese dimorante in Germania avrebbe ricevuto, in Calabria, un’elevazione del grado.



Germania, Svizzera, ma anche Canada (come testimoniato dall’indagine “Siderno Group) e Australia. Ai presunti affiliati all’estero tocca, talvolta, recarsi in Calabria per dirimere questioni e controversie.



Le distanze non contano.



Perché le decisioni si prendono in Calabria. Così come è assai probabile che la decisione di portare a compimento l’eccidio di Duisburg sia stata presa in Calabria, magari a pranzo, con i maccheroni col sugo di capra nel piatto. Le classiche riunioni – mangiate.



Particolari che gli inquirenti tedeschi farebbero bene a conoscere. In modo tale che la Germania non debba chiedersi, ancora una volta, “warum?”.
fonte Strill