‘Ndrangheta/ In Lombardia prospera con politici e imprenditori

Print Friendly, PDF & Email


‘Ndrangheta/ In Lombardia prospera con politici e imprenditori
Probabile che da sviluppi indagini emerga il “secondo livello”
Milano, 14 lug. (Apcom) – Oltre che estremamente inquietante, il quadro che emerge dalle carte dell’inchiesta di Milano e Reggio Calabria contro l”ndrangheta, che ha portato ieri all’arresto di quasi 300 persone, è, per quanto riguarda la Lombardia, desolante. Appartenenti alle forze dell’ordine che danno informazioni in cambio di una bella bicicletta nuova, politici che li appoggiano ottenendo una prestigiosa autovettura per portare la famiglia in vacanza, (presunti) uomini d’onore che al telefono si vantano del loro peso criminale. E’ una schematizzazione giornalistica, ma certo l’immagine dell”ndrangheta che emerge dalle tre diverse inchieste che nella loro convergenza hanno generato la maxi-operazione di ieri, non è, per quanto è dato di sapere al momento, quello di mafia finanziaria come in realtà anche quella calabrese è nei fatti. L’arroganza, le parole, i gesti degli arrestati intercettati e filmati dalle forze dell’ordine, ricordano una malavita ancora piuttosto “primitiva”, ancora strutturalmente legata all’uso della violenza, all’usura e alle estorsioni, al controllo del territorio di appartenenza, alla conquista di imprese medio piccole o di entrature nelle opere pubbliche grazie all’appoggio di politici locali.

Non che manchino i giri di soldi per i voti o le classiche cene “politiche” con amministratori anche di un certo peso o i contatti con presunti membri di logge massoniche coperte, ma quello che sembra non essere emerso nelle indagini fin qui condotte (ma è facile immaginarsi nuovi, importanti, sviluppi) è il livello più alto, quello dei “famosi” colletti bianchi che non girano armati ma stanno dietro le scrivanie, che non trafficano in droga ma si occupano di riciclarne i proventi, che non si vedono al Santuario della Madonna di Polsi. Le teste pensanti insomma, non la mafia militare finita in manette in Lombardia. Certo anche la storica infiltrazione attraverso il settore del movimento terra si è estesa ed è penetrata in quasi tutti i principali cantieri lombardi, ospedali e sedi di tribunale comprese, e oggi le ‘ndrine dimostrano di puntare all’edilizia più in generale, compreso il settore immobiliare.


Ad esempio per quanto emerso fin qui, i “remunerativi” reati ambientali rimangono un semplice “corollario” messo in atto, secondo gli investigatori, da arrestati e indagati solo per abbattere ulteriormente i costi degli scavi nei cantieri. Ecco così i sistematici sversamenti di materiali di risulta e tossici (come ad esempio le lastre di amianto) un po’ dovunque nei terreni più o meno vicini ai cantieri.

Ciò che spaventa è invece, ancora una volta, la disponibilità offerta a personaggi sfacciatamente criminali dai diversi imprenditori. Elementi necessari per il salto di qualità dell”ndrangheta, che nella camera di controllo, “la Lombardia”, ha organizzato le diverse famiglie e i loro, almeno, 500 affiliati, e che per questo ha già le risorse economiche e “militari”. Lo ha spiegato bene ieri il Procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Bocassini sottolineando, tra l’altro, che “quest’indagine è un punto di arrivo importante ed è un primo passo per vedere come si comporterà la classe imprenditoriale nella gestione delle imprese sul nostro territorio” e aggiungendo che “c’è il discorso dell’imprenditoria che dovrà preventivamente decidere con chi si mette in società e perché lo fa”. Un discorso simile a quello che il magistrato fece lo scorso anno in occasione di un’altra operazione, in cui spiegò che gli imprenditori devono decidere se stare dalla parte dello Stato o contro.

Discorso simile per certa classe politica lombarda che, dalle carte dell’inchiesta, risulta farsi avvicinare e “affascinare” da personaggi impresentabili, per poi farsi coinvolgere in cambio di voti o denaro. Un reciproco scambio di favori continuo, che permette agli ‘ndranghetisti una scalata che parte dagli amministratori locali e raggiunge politici con una sfera di influenza ben più importante.

Insomma, questa inchiesta sembra essere davvero un primo passo, assolutamente importante e certamente decisivo, per esempio, per quanto riguarda la comprensione della mafia calabrese come “verticistica, unitaria e piramidale” (parole del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso) e perché ha definitivamente chiarito che nessuna ‘ndrina, per quanto potente, può prendere le decisioni importanti senza consultare i capi in Calabria. Nemmeno nella ricca e “disponibile” Lombardia, pena la morte, come dimostrato dall’omicidio dell'”autonomista” Carmelo Novella.

Molto probabilmente, dunque, i diversi stralci e sviluppi di queste indagini porteranno nel futuro prossimo e in quello venturo, a chiarire quanto è attualmente profonda la penetrazione criminale negli affari e nella politica, ma soprattutto alla scoperta del secondo livello, quello che permette agli uomini d’onore calabresi e non, di prosperare da decenni in Lombardia. Forse non ci saranno tutti gli arresti di ieri, ma il grande lavoro svolto fin qui da magistrati e investigatori, sarà così completo.