PROCESSO MAIORANO UNITI CONTRO LA MAFIA

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Processo Maiorano. «Uniti contro la mafia»

 

Scritto da Alessandro Pagliaro – Il Quotidiano della Calabria 6/12/2008

 

 PAOLA – Con la decisione del 4 dicembre la Corte d’Assise di Cosenza ha emesso un provvedimento molto duro nei confronti degli imputati dell’uccisione di Tonino Maiorano, l’operaio forestale freddato a colpi di pistola nel luglio del 2001 da duekiller che avevano come obiettivo l’eliminazione del boss Giuliano Serpa. Tre sono stati gli ergastoli e due le condanne a 24 anni per coloro che nella preparazione dell’agguato hanno svolto un ruolo determinante. E’ un risultato che va ascritto senz’altro, anche all’impegno del magistrato Eugenio Facciolla, che è stato il primo a condurre le indagini, risalendo agli assassini e ai mandanti dell’omicidio.

Il Comune di Paola nel 2006 si è costituito parte civile, così come ha fatto nel processo “Missing” affidando la propria causa all’avvocato Edoardo Stefano, giovane civilista, dottore di ricerca del lavoro. Insieme a lui ha collaborato in tutte le fasi più difficili, la collega Marta Perrotta. All’indomani della sentenza, quello di Edoardo Stefano è un sentimento contrastante: «Non sono certamente eventi per i quali si possa esultare – ha dichiarato – anche se rimane la consapevolezza di aver fatto un buon lavoro: siamo riusciti a ottenere il riconoscimento del metodo mafioso adoperato nella preparazione e nell’esecuzione del delitto, ed abbiamo ottenuto la condanna degli imputati al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili».

«Tuttavia – prosegue il legale – in casi come questo, sulla giusta gratificazione professionale prevale sempre l’amarezza che scaturisce dalla vicenda complessiva. Non nascondo che si è trattato di un impegno molto faticoso, sia per lo sforzo tecnico necessario a controllare l’andamento processuale, sia per la pressione emotiva dovuta alla consapevolezza di essere parte in una tragedia umana. I parenti della vittima: la moglie, la signora Aurora Cilento e i fratelli del povero Tonino, sono stati presenti a tutte le udienze. Il fatto di dover lavorare sotto il loro sguardo carico, insieme, di dolore e di aspettativa, ha ovviamente aggiunto allo stress professionale quello umano, la preoccupazione di non lasciare le parti offese sole di fronte al freddo razionalismo tecnico tipico del processo».

Da più parti in questi anni è stata messa in evidenza la “latitanza” delle istituzioni anche nelle aule dei processi. Si è più volte detto e scritto, che la moglie di Tonino Maiorano, è stata lasciata sola con due figli a combattere la battaglia per il riconoscimento dei propri diritti. Basti pensare che ancora oggi non è stata stabilizzata nel suo posto di lavoro. «La costituzione di parte civile nel processo Maiorano – secondo l’avvocato Stefano – è stato un gesto di grande maturità politica per il Comune di Paola che ha deciso con chi stare. Operiamo in un ambiente duro e difficile, dove la legalità viene troppo spesso soffocata da interessi particolari e dalla violenza invasiva dei gruppi criminali che, per paura o indifferenza dei cittadini, delle istituzioni civili e religiose, delle formazioni sociali, riescono a stare quasi sempre un passo avanti a quanti li perseguono. In questo contesto, non basta certamente confidare nel momento repressivo che, per sua natura, interviene quando il danno è fatto. L’unico modo per contrastare efficacemente la delinquenza mafiosa è prevenirla, isolando i criminali, prendendo pubblicamente posizione, tracciando un solco profondissimo fra la legalità e la sopraffazione». Tecnicamente, il Comune di Paola mirava a ottenere un risarcimento per i gravissimi danni subiti a causa dell’imperversare di gruppi mafiosi che si contendevano il controllo criminale del territorio. «Si tratta anche di danni alla sovranità stessa del Comune – aggiunge Stefano – costretto a contendersi il legittimo controllo del territorio paolano con gruppi di delinquenti armati. E si tratta anche di danni all’immagine, poiché il delitto ha insanguinato una zona dalla vocazione turistica proprio nel suo momento di massima esposizione, vale a dire a ridosso del quinto centenario dalla morte di San Francesco. Sono in ogni caso interessi primari dell’ente per la cui riparazione è stato chiesto un risarcimento di un milione di euro. Naturalmente, non basta mai: la presa di posizione operata nel 2006 con il processo Maiorano e nel2007 con il processo “Missing”, per essere credibile e non essere giudicata come il solito espediente propagandistico per lavarsi la coscienza, deve essere ribadita con forza sempre crescente, soprattutto in una fase di nuova recrudescenza della violenza mafiosa, che ha lasciato per strada due morti in un mese». Alla luce di quanto è successo con la ripresa dell’escalation criminale in città, per l’avvocato Stefano la guerra contro la mafia sarà ancora lunga: «Si dovrà contrapporre alle armi il numero degli onesti e la libertà delle coscienze, le battaglie dovranno svolgersi nelle piazze e nelle scuole».