La Gelmini avvocato in Calabria

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La Gelmini avvocato in Calabria

Il ministro racconta dell'esame per l'esercizio della professione svolto a Reggio Calabria
Le biografie ufficiali di Mariastella Gelmini dicono che è avvocato, specializzata in diritto amministrativo. E poi tagliano corto e iniziano a parlare della sua carriera politica. Sul mio blog un lettore ha voluto aggiungere un dettaglio non a tutti noto: il ministro dell’Istruzione ha partecipato all’esame per diventare avvocato e lo ha superato brillantemente ma a Reggio Calabria. Non a Brescia o a Milano, dove ha sempre vissuto e lavorato. 

E’ difficile non far caso alla notizia in questi giorni di dure polemiche sulle scuole del sud e del nord, in cui Mariastella Gelmini prima fa un riferimento ai docenti del sud da formare poi corregge il tiro e sostiene che il problema è il divario fra le scuole evidenziato da indagini al di sopra di ogni sospetto come i test Ocse-Pisa. 

Nel caso del ministro la vicenda riguarda non la scuola ma il periodo post-universitario. Sono gli anni tra il 2001-2002: in Italia si parla molto dello scandalo di Catanzaro: l’avvocatificio lo hanno ribattezzato perché ha un tasso di abilitazioni del 94%. Proprio nel 2000, un’inchiesta fa emergere che all’esame di tre anni prima su 2301 partecipanti ben 2295 (tutti meno 6) avevano copiato. 

In quell’epoca Mariastella Gelmini è già da tempo in politica nelle fila di Forza Italia, ha un diploma di maturità classica e una laurea in Giurisprudenza presa a Brescia, ma ha anche 27 anni e necessità di iniziare a guadagnare. «La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l’esame per ottenere l’abilitazione alla professione». 

Mariastella Gelmini è di Brescia ma in città riuscire a superare l’esame non è facile. «La sensazione era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati ed altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l’esame. Per gli altri, nulla. C’era una logica di casta, per fortuna poi modificata perché il sistema è stato completamente rivisto. Allora, ad esempio, anche le modalità in base alle quali veniva corretto il compito erano molto opinabili. E, allora, insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l’esame a Reggio Calabria». 

E quindi il gruppo di 30-40 aspiranti avvocati bresciani si trasferisce. Ma perché proprio Reggio Calabria? «Si faceva così: molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi. Ma ho una lunga consuetudine con il Sud, una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento. Non mi sono posta il problema di dove andare».


Andare, infatti, vuol dire trasferirsi anche da un punto di vista burocratico. Mariastella Gelmini per un anno fa praticantato in uno studio di Brescia, il secondo anno è ormai residente a Reggio Calabria e cerca uno studio per terminare il periodo di praticantato richiesto dalla legge. Come ha trovato lo studio? «Insieme agli altri ragazzi. Abbiamo poi sostenuto l’esame, ed è stato assolutamente regolare».
 

Di FLAVIA AMABILE dal sito www.la stampa.it

Il commento di ucceo goretti …ma mi faccia il favore sig. Ministro!!! Ci rimandi i nostri insegnanti al sud anche perché,  sono stanchi di insegnarvi a leggere male,  scrivere peggio e pensare poco.  Anzi, se mi permette Le do uno dei miei pazzi consigli : presenti un Decreto Legge  e dichiari extrtacomunitari tutti i Sudisti e poi,per completare l’opera, gli faccia un foglio di via obbligatorio. ucceo goretti(orgogliosamente Sudista)

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Gelmini: «Aiuterò le scuole del Sud,
il divario con il Nord va colmato»

di Anna Maria Sersale
ROMA (25 agosto) – Ministro Gelmini, è vero che vuole fare dei corsi speciali per i docenti di Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata? «Non ho mai detto che gli insegnanti del Sud abbassino la qualità della scuola italiana. Mi hanno attribuito quella dichiarazione del tutto in malafede, chi conosce il mio pensiero sa che non ha fondamento, del resto ho avuto a scuola tanti insegnanti meridionali, compreso una siciliana bravissima». Al telefono il ministro Mariastella Gelmini risponde alle ultime polemiche.

Ma, allora, che cosa ha detto? «A Cortina ho parlato del divario tra Nord e Sud, un divario che va colmato. Ho sempre ritenuto che esistano bravi professori, sia al Nord che al Sud, ma il Mezzogiorno ha oggi un deficit strutturale e di progettualità certo non imputabile al corpo docente. Mi sono limitata a segnalare che la scuola nelle regioni meridionali è colpita da una grave crisi. Sfido chiunque a sostenere il contrario».

La polemica, comunque, dilaga. Le frasi attribuite alla Gelmini hanno scatenato le critiche dell’opposizione. C’è chi parla di «offese razziste», di «qualunquismo inaccettabile» e di «tardiva ritrattazione». Ma il ministro replica deciso: «Quelle frasi non le ho mai dette. Ho parlato del mio impegno, che è quello di innalzare le performance dei ragazzi e di aiutare la scuola del Sud. Quando ho citato le indagini Pisa-Ocse ho detto che rivelano lo stato di crisi e non si può far finta di niente, non si può non porre il problema quando tutte le classifiche nazionali e internazionali evidenziano questa grave arretratezza. Il mio obiettivo è quello di aiutare la scuola del Mezzogiorno e di innalzare i livelli di tutta la scuola italiana. Occorre colmare il gap esistente tra Nord e Sud con più formazione e aiuti, sia per i docenti che per gli studenti. L’Unione europea mette a disposizione del Sud dei fondi che io desidero investire per elevare la qualità della didattica».
Ma la scuola sta per iniziare e i docenti tornano in cattedra con il malumore di sempre. Stipendio esiguo e niente prospettive. «Per loro ci sarà un sistema premiale – afferma ancora la Gelmini – Non è possibile che lo stipendio abbia solo scatti legati all’anzianità. Così come è impostato il sistema non ha stimoli nè riconoscimenti. Occorre, invece, ragionare in termini meritocratici. In futuro chi lavora di più e meglio, chi si distingue, verrà premiato, riceverà più soldi».

Ma quali saranno i criteri? «Per migliorare la scuola è necessario – sottolinea ancora il ministro – valutare i docenti, valutarli attraverso gli apprendimenti dei loro alunni. Per raggiungere questo obiettivo stiamo mettendo a punto un progetto con l’Invalsi, l’Istituto nazionale di valutazione». Significa che per risanare la scuola e migliorare la didattica non è più possibile continuare con gli aumenti a pioggia, quanto agli insegnanti arriveranno le “pagelle”.

L’altra novità riguarda il calendario scolastico. «L’Italia è un Paese molto turistico – dice ancora il ministro al telefono – e far tornare gli studenti in classe l’8 settembre, come accade in Lombardia, mi sembra un errore. Per andare incontro alle famiglie, considerando che molti scelgono di fare le vacanze proprio in settembre, quando i prezzi scendono, dal prossimo anno scolastico, dal 2009, riducendo le ore farò in modo che la scuola inizi nella seconda metà di settembre».

Ma quali sono le cifre della crisi? Che cosa dice l’indagine Pisa-Ocse (Pisa sta per Programme for international student assestement)? Nelle conoscenze dei quindicenni scolarizzati l’ultimo rilevamento dice che su 57 Paesi esaminati l’Italia è al 36mo posto. Tra quelli che ci precedono ci sono, nell’ordine, ai primi otto posti, Finlandia, Cina, Canada, Estonia, Giappone, Nuova Zelanda, Australia e Olanda. Dopo di noi Portogallo e Grecia. E’ l’ennesima stroncatura dell’indagine internazionale. Sotto accusa anni di lassismo, tanto che, dall’abolizione degli esami di riparazione a oggi, in circa quindici anni, abbiamo promosso 9 milioni di asini, ragazzi impreparati con gravi deficit in più materie, ai quali nessuno chiedeva più di colmare le lacune, riparando ai debiti scolastici. Alle famiglie, invece, si rimproverano troppe negligenze, l'indifferenza e un devastante “sindacalismo” in difesa dell’insuccesso scolastico o dei comportamenti negativi dei figli.

Il prof Calabrese: «Ritardi storici, trascurati dallo Stato»

ROMA – «Quando ho letto quelle dichiarazioni (poi smentite, ndr) sono rimasto perplesso. Dichiarazioni incaute, imprudenti, mi sono detto, per non  dire offensive. Con malcelate intenzioni antimeridionaliste. Lo dico senza atteggiamenti vittimistici, nè polemici. Però si documenti meglio il ministro». All’intervista risponde Franco Filareto, docente di storia e filosofia per 36 anni al liceo classico di Rossano Calabro, provincia di Cosenza.

Però si è chiarito che non c’era alcun intento discriminatorio, nè alcuna ostilità. Il ministro parla di divario da colmare.
«Al suo posto mi preoccuperei delle cause storiche che hanno provocato questo divario. Dal 1861, dall’Unità d’Italia, l’attenzione dello Stato nei confronti delle regioni meridionali è stata molto scarsa».

Ma secondo lei quali sono le condizioni della scuola del Sud?
«Non sono così drammatiche come il ministro fa credere. Ci sono migliaia di giovani preparati, studiosi, capaci, che nelle università ottengono ottimi risultati. Non dimentichiamoci che il Sud dà al Paese un grande contributo alla classe professionale e dirigente. Capisco che questo può creare qualche preoccupazione, ma credevo solo nella Lega. Il mondo della medicina, del diritto, della scuola e della ricerca ha grandi nomi di meridionali, perciò mi aspetto apprezzamento, non certo critiche».

Un importante contributo di intelligenze dal Sud
«Certo, un contributo di intelligenze, storicamente la gente qui punta sullo studio. Non ha altre alternative. Ma della questione meridionale si discute da decenni, senza trovare soluzioni. Nelle nostre regioni ci sono miriadi di piccoli paesi, ora il governo ci sta chiudendo tante scuole».

Si riferisce ai tagli della Finanziaria?
«Già, ai tagli. Per ragioni di economicità sopprimeranno delle scuole condannando i paesi a condizioni di sudditanza culturale e creando disagi enormi alle popolazioni che vi abitano. Alla chiusura delle scuole si accompagna la riduzione dei posti in organico. Significa che salteranno non si sa quante cattedre. Così, mentre parliamo di qualità degli studi, di risultati, di statistiche Pisa-Ocse, sopprimiamo sedi in nome del risparmio».
A. Ser.

Pedullà: «Nel Mezzogiorno si studia
perché non c’è lavoro»
ROMA – Professor Pedullà, Gelmini ha smentito le dichiarazioni che le erano state attribuite: nessuna accusa nei confronti dei docenti meridionali. Tuttavia il ministro parla di un divario tra Nord e Sud da colmare
«Già, ma i corsi di aggiornamento non possono bastare. C’è una sproporzione tra il problema e la proposta: non si può, con una misura spicciola, pensare di risolvere un problema che è europeo, anzi mondiale, sentito da Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, e tanti altri stati. Il modello di istruzione è quasi al collasso. L’aggiornamento va bene, serve ai meridionali come ai nordici, ma l’idea che con questo si risollevi la scuola è un po’ deludente, un po’ troppo ottimistica». All’intervista risponde Walter Pedullà, scrittore, critico letterario e docente.

Pensa che i docenti meridionali siano all’altezza del loro compito?
«Certamente, per una ragione semplice. Al Sud si studia: non ci sono fabbriche, non c’è lavoro come nelle aziende del Nord. Il Sud, infatti, produce professori, produce intellettuali. Io, nato a Siderno, in Calabria, ho insegnato prima nel mio paese, poi in Basilicata, in Campania, nel Lazio, fino a raggiungere Roma. Una corsa in salita. Eravamo tanti, ci siamo distribuiti in tutta Italia. Sondrio, Bergamo, Rovigo.. si partiva. Nelle regioni del Sud, dove non c’è lavoro, l’unica alternativa è lo studio: al Nord, invece, a sedici anni vanno in fabbrica e dopo un anno guadagnano il doppio di quello che guadagna il loro insegnante».

E’ vero che ci sono anche tanti avvocati meridionali?
«E’ pieno. Legge e Lettere sono le facoltà storicamente più scelte, anche perché, per chi abita in paesi lontani dalle sedi universitarie, sono le uniche possibili. Ricerca scientifica, docenza, avvocatura. Non c’è bisogno di scomodare la storia per ricordare quanti personaggi illustri ha dato il Sud. Solo con gli scrittori siciliani si fa tutta la letteratura italiana contemporanea. Anche nelle alte cariche dello Stato c’è tanta gente del mezzogiorno. Ma lo scandalo sono gli stipendi degli insegnanti di scuola, tenuti socialmente ai livelli più bassi».
A. Ser.