calabria ora MARTEDÌ 1 luglio 2008
D A L P O L L I N O A L L O S T R E T T O
Gianluca Congiusta
Congiusta, l’estorsione spartiacque per Siderno
Sarebbe la prova che l’impero dei Commiso era “a rischio”
LOCRI (RC)
Siderno in mano alla mafia, «monopolizzata dal clan Commisso». Sia negli anni’80-’90, quando in aperta faida si sparava per strada e le mezze tacche scortavano i loro capi con le auto blindate, sia dopo, una volta annientati i Costa, la “ndrina” decapitata nella guerra di mafia dagli uomini di don Cosimo Commisso detto “u quagghia”.
E’ il sunto di quello che ieri ha dichiarato ai giudici della corte l’ispettore capo Nicolò Sortino, da 26 anni in servizio al commissariato Siderno e ieri chiamato a deporre al banco dei testimoni nel processo a Tommaso Costa, il boss recluso perché considerato dall’antimafia di Reggio Calabria come colui che nel maggio del 2005 uccise il giovane commerciante Gianluca Congiusta, allora gestore del centro Tim di Siderno.
«La guerra di mafia di Siderno fu cruenta, sanguinaria.Allora i Costa erano alleati coi Cataldo, i Commisso invece coi Cordì». Ma nessuno dei due casati di Locri partecipò in maniera attiva alla faida. Scoppiata peruno sgarro, per armi rubate a casa del capo, di CosimoCommisso. Quel giorno si iniziò a sparare. I Costa vennero sterminati. Morirono persone. Morì Luciano Costa, il fratello di Tommaso.Lo bollarono come il responsabile del furto.Cadde sotto i colpi esplosi dal tiratore scelto Salvatore Salerno, da tutti conosciuto come Sasà. Morì Giovanni, morì Vincenzo, morì Giuliano.Tutti e tre Costa. Morì Giuseppe Curciarello. Lo accopparono Sasà e RiccardoRumbo, il rampollo dei Commisso battezzato evangelista. Morì suo padre,Francesco, lo zio di Giuseppe Curciarello, di quello che in aperta faida è l’ombra, ilguardaspalle di Tommaso Costa. Una mattanza.
«Una lotta tra una pulce e unelefante, tanto era la disparità di forze tra ledue cosche»,scrive il giudice per le indagini preliminari.
Da allora, ha dichiarato ieri l’ispettore capo Sortino, «non è più esistito il racket, nessuno se ne andava a estorcere quattrini agli esercenti.Molte attività commerciali, parecchie anzi, erano di proprietà di soggettiche avevano partecipato alla faida. Il commercio era monopolizzato dai Commisso.Non ricordo denunce presentate a seguito di richieste di denaro.
Ci risulta solo quella che Costa fece recapitare all’imprenditore Antonio Scarfò», il futuro suocero di Gianluca.
Richiesta che rappresenta lo spartiacque, segna un solco per l’agente. «L’estorsione compiuta ai danni di Antonio Scarfò dimostra come i Costa stessero per intraprendere di nuovo l’attività delinquenziale ». E non erano gli unici. Anche i Salerno, oramai stufi dei Commisso, se ne andavano in giro a taglieggiare i commercianti.Tanto che nell’abitazione dei fratelli Zimbalatti, «loro adepti», la polizia trova i kalashnikov imbracciati per sparare contro i camion dell’azienda Arredi Alvaro.
E’una lettera a testimoniare le «nuove alleanze» che negli ultimi anni si andavano sancendo.
E’ il sei aprile del 2004, il capo dice a Giuseppe Curciarello di aprire un negoziato con Salvatore Salerno.
Tommaso Costa spiega a Curciarello le tattiche dei «più grandi uomini della Calabria»

«Quando parli – raccomanda il boss- parla piano e coinciso senza gesticolare e farti prendere dall’euforia. Ti dico questo perché chi usa questi atteggiamenti è simbolo di serietà e posatezza e per un uomo della tua età e responsabilità è importante.Non far capire mai quello che hai in testa anzi cerca di rubare a loro e per ottenere questo fai parlare loro e non tu. Non ti fidare nemmeno se ti fanno toccare la luna, peròtu fagli capire che ti fidi.Quando vengono a casa tua non riceverli subito, fagli dire di tornare più tardi in quanto sei uscito con persone forestiere. A volte non farti vedere in giro per giorni e non far sapere a nessuno dove sei anche se sei in salotto a casa tua. Hai capito perché ti dico questo? Per creare attorno a te il mistero più fitto. Anche se non è vero a chi ti viene a cercare digli che hai persone latitanti da fuori.
Queste sono tattiche che hanno usato i più grandi uomini della Calabria».
ILARIO FILIPPONE