La vera capitale della ‘ndrangheta è Milano

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«La vera capitale della 'ndrangheta è Milano»
Macrì dell'Antimafia: forti innesti anche nel Lazio

CATANZARO (14 giugno) – La capitale della 'ndrangheta? «Reggio Calabria certamente, ma forse la vera capitale è Milano». Parola del sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, Enzo Macrì che ha partecipato a Tiriolo ad un dibattito insieme a don Luigi Ciotti, lo studioso Enzo Ciconte e Francesco Forgione, presidente della Commissione parlamentare antimafia nella passate legislatura, autore del libro 'ndrangheta (Baldini Castoldi Dalai editore).

Macrì ha aggiunto che il dinamismo e la pericolosità estrema della 'ndrangheta è dato proprio da questo fatto, di non avere cioè – a differenza di cosa nostra e camorra – una sede principale.

«Le cosche della 'ndrangheta – ha aggiunto Macrì – hanno sedi secondarie a Torino e in altre parti del nord e in quasi tutti e cinque i continenti».

Il magistrato del Dna ha confermato il giro d'affari della 'ndrangheta, che l'Eurispes ha segnalato in 45 miliardi di euro l'anno ed ha segnalato il provvedimento delle autorità statunitensi di estendere le misure di protezione di quel Paese agli affiliati di 'ndrangheta. Secondo Macrì in questa fase Cosa nostra è praticamente assente in Piemonte, tranne alcune propaggini riferite al clan dei catanesi; mentre in Lombardia, in interi comuni come Corsico e Buccinasco «la presenza della 'ndrangheta è opprimente».

Negli ultimi tempi sono emerse presenze determinanti anche nel Lazio e in Sardegna. Sull'ampiezza del fenomeno Macrì ha affermato che «neanche noi riusciamo a capire bene le dimensioni del fenomeno».

Macrì ha sollevato anche critiche rispetto all'adeguatezza del contrasto, citando ad esempio i recenti orientamenti del Csm alle nomine apicali negli uffici giudiziari di Reggio Calabria e Catanzaro, dove non sarebbero state prese in considerazione le specificità e le conoscenze acquisite in Calabria.

Altro esempio sulla inadeguatezza del contrasto, sempre secondo Macrì, il recente Ddl sulle intercettazioni, per il quale il magistrato ha fatto riferimento ai dati («non veri» ha detto), sui decreti di perquisizione e sulla spesa annua nel bilancio della giustizia.