Processo Congiusta, show di Costa

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Sconcertanti dichiarazioni dell’imputato per l’omicidio del commerciante sidernese                    Processo Congiusta, show di Costa “

scrivo a brigatisti e al figlio di Riina”               

Ho rapporti epistolari anche con la Barbagia e la mafia del Brenta”  

                              Mario Congiusta, padre di Gianluca, in aula con i ragazzi della "Maresca"

 

Rocco Muscari

Locri 30 maggio 2008

Entrano nel processo Congiusta altre lettere ed intercettazioni telefoniche. La Corte di Assise del tribunale di Locri, presidente Bruno Muscolo a latere Frabotta, su richiesta del pm Antonio De Bernardo,  ha disposto l’acquisizione di missive che riguardano la corrispondenza in carcere di Tommaso Costa, presunto mandante ed esecutore dell’omicidio di Gianluca Congiusta.

Entra nel fascicolo dibattimentale una lettera inviata al Costa da tale Giuseppe Catalano che, secondo la ricostruzione del pm: “risulta essere stata scritta da Giuseppe Cataldo, classe ’69, ucciso il 15 febbraio 2005, e contiene un programma di strategie processuali comuni”. La Corte ha ammesso, su richiesta dell’avvocato Maria Tripodi difensore di Costa, tre conversazioni telefoniche captate dopo l’omicidio di Congiusta sull’utenza di una donna, che avrebbe avuto una relazione con il giovane, la quale venne contatta da un uomo non identificato che esternava considerazioni sul delitto. Successivamente la Corte ha conferito al maresciallo dei carabinieri Gianluca Minetola l’incarico di trascrivere tutta la corrispondenza, in gran parte manoscritta, intrattenuta da Costa nel carcere di Palmi, disponendo altresì l’incarico peritale per la trascrizione delle intercettazioni ambientali e telefoniche a Luca Vincenzo Mancuso e Aleandro De Pace, in servizio presso la Guardia di Finanza di Locri. Ad inizio seduta la Corte ha sospeso i lavori per la mancanza in aula dell’ufficiale giudiziario, disponendo l’annotazione nel verbale di udienza e l’invio al presidente del tribunale. Una segnalazione dovuta e che ripropone la carenza di organico presso il tribunale di Locri più volte rappresenta agli organi di competenza. I contenuti delle lettere  sono stati al centro della dichiarazione spontanea di Tommaso Costa che ha precisato come nel corso della detenzione: “ho intrattenuto – ha detto – rapporti epistolari con detenuti che vanno dalla Sicilia alla cosiddetta mafia del Brenta, con il figlio di Totò Riina, con il brigatista rosso Giovanni Sensali, con esponenti della Barbagia, con Nino Coscolo delle Br. Questo perché non intendo fare omertà in nessuna situazione e tutto quello che è a mia conoscenza lo dirò a questa Corte”. Nel proseguo del dibattimento è stato escusso il commissario capo Francesco Giordano il quale, nel corso dell’esame del pm, ha ripercorso l’attività di riscontro su due filoni di indagini. Il primo riferito all’esame degli assegni trovati negli effetti personali di Congiusta: “Dai riscontri effettuati – ha dichiarato il teste – gli assegni sono risultati legati all’attività imprenditoriale, tanto che da ulteriori verifiche non è emerso niente di rilevante ai fini dell’indagine”. L’altro filone riguarda l’esame delle dichiarazioni e della documentazione sequestrata nella cella di Gianluca Di Giovanni, un detenuto che aveva riferito di essere a conoscenza di particolari sull’omicidio riconducibili a soldi esportati all’estero. In questa circostanza il teste ha ribadito di non aver trovato riscontri “Non vi era stato alcun rapporto di conoscenza tra il detenuto e Congiusta, tanto che dopo una serie di approfondimenti oggettivi si è giunti a ritenere il Di Giovanni palesemente inattendibile”. L’avvocato Leone Fonte, difensore di Giuseppe Curciarello accusato di associazione a delinquere, ha dichiarato che non procederà al controesame.

Ad assistere all’udienza, nell’ambito di un progetto di educazione alla legalità, erano presenti gli alunni della classe 3 B della scuola media “Maresca” di Locri, accompagnati dalla prof. Anna Maria Colabraro.

Il dibattimento riprende il 13 giugno.