Don Ciotti svela a Siderno: ‘I killer sul pianerottolo. Mia madre non ha retto’

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don ciotti

“Anche mia mamma è una vittima della violenza mafiosa”. Non lo aveva mai detto don Luigi Ciotti, fondatore di Libera eppure oggi, davanti ai giovani della Locride si è aperto ed ha raccontato la sua storia.

A dare la notizia il quotidiano Avvenire, che spiega come don Ciotti abbia raccontato dei progetti di attentati nei suoi confronti, dei tentativi di ucciderlo, fin dentro casa. “Mamma stava male, è crollata” ha dichiarato il sacerdote. È successo tanti anni fa, ma, lui, che contro la mafia combatte ogni giorno, non ne aveva mai parlato.
Davanti alui centinaia di ragazzi delle scuole superiori della Locride che affollano l’aula magna dell’Istituto tecnico commerciale “Guglielmo Marconi” di Siderno. Terra di ‘ndrangheta ma anche di speranza e di impegno. Don Luigi parla con i ragazzi, li invita a salire sul palco, a partecipare.

In prima fila ci sono alcuni familiari delle vittime di ‘ndrangheta: Mimma e Deborah Cartisano, Stefania Grasso, Marisa Quattrone, Donata la mamma di Gianluca Congiusta, ucciso a Siderno il 24 maggio 2005. A loro racconta i primi progetti per ucciderlo, più di venti anni fa. «Un giorno mi stavano aspettando sul pianerottolo di casa e solo la curiosità di una vicina “pettegola” mi ha salvato…». Ma la mamma che già «stava male dopo aver saputo del primo progetto di attentato, è crollata». Fino, poco dopo, alle drammatiche conseguenze. «È morta tra le mie braccia».

Parole che le centinaia di giovani accolgono con un intenso silenzio. Mentre chi lo conosce bene rimane stupito di un don Luigi che mette a nudo la sua vita privata. Ma che torna a incitare. «Dobbiamo unire tutte le nostre forze per dire basta alla violenza della ‘ndrangheta, ma anche alla corruzione e alla cattiva politica. La parola Calabria vuol dire “far risorgere il bene”. Tocca a voi, tocca a noi, tutti insieme far sì che questo possa continuare ad essere». Cita l’impegno dei familiari delle vittime, quello delle cooperative che coltivano i beni confiscati «che subiscono attentati ma non si sono mai fermate». E la bella esperienza della scuola calcio etica Seles di Gioiosa Ionica.

I ragazzi ascoltano e domandano. Alessia: «Come mai lo Stato spende più per la repressione che per il lavoro?». Marilena: «Abbiamo bisogno dell’aiuto di voi adulti per non perdere la speranza. I sogni li abbiamo, dateci la speranza». Anche il vescovo torna a riflettere con parole molto nette, sottolineando «il grande significato educativo dell’incontro, un richiamo ai valori alti della vita, un’iniziativa che va moltiplicata in un territorio che ha tanti problemi ma soffre anche di rassegnazione. Così la gente delega ad altri la soluzione dei problemi». Altri che spesso hanno il volto della ‘ndrangheta.

E al vescovo, qui da un anno, si rivolge don Luigi. «Sei un privilegiato, Dio ti vuole un sacco di bene perché ti ha mandato in una terra meravigliosa ma anche amara, ferita, che ha bisogno di vita e di speranza». E così gli augura «la dolce pedata di Dio, perché nessuno sia mai lasciato solo». Mentre ai giovani augura «una sana testardaggine: non fermiamoci di fronte alle difficoltà anche se la strada è in salita. Vi lascio tre parole: continuità, condivisione, corresponsabilità. La speranza ha bisogno di ognuno di noi. Forza ragazzi!» E la risposta è un lunghissimo applauso.

Fonte: Strill