‘Ndrangheta, ucciso il “Vicerè” del clan Commisso a Siderno

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Rotti anni di pax mafiosa. Ufficialmente commerciante di carne, Carmelo Muià era uno degli uomini di fiducia del “Mastro” Giuseppe Commisso, eminenza grigia della politica e dell’economia della zona

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di ALESSIA CANDITO

REGGIO CALABRIA – Lo hanno ucciso sotto casa, a pochi passi dal centro di Siderno. Quando, come di consueto, Carmelo Muià, quarantacinquenne ritenuto esponente di spicco del clan Commisso, è arrivato in sella alla bicicletta elettrica con cui generalmente si spostava, hanno iniziato a sparare. Sette colpi di pistola calibro 7.65 lo hanno raggiunto alle spalle, al torace, alla testa. Inutile la corsa in ospedale.

Chi voleva morto “Mino” Muià non ha risparmiato colpi e non ha esitato ad agire ad ora di cena, attorno alle 20, quando per strada c’è ancora gente e in tanti possono vedere o sentire. Ma a Siderno nessuno parla, soprattutto quando a cadere sotto i colpi dei killer è uno degli uomini più conosciuti del clan che domina la città della Locride. Quanto meno fino al suo arresto nel 2010, Muià era per gli inquirenti il rampante responsabile operativo della costola dei Commisso attiva in una contrada limitrofa a Siderno. Anche per questo, il suo è un omicidio che fa rumore.

Sul posto, ieri sera sono immediatamente arrivati gli uomini del commissariato di Siderno, raggiunti in fretta dagli agenti della Squadra Mobile di Reggio Calabria, insieme ai tecnici della Scientifica. Per ore sotto casa del quarantacinquenne sono andati avanti i rilievi della Scientifica, mentre gli investigatori hanno subito avviato le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Locri in stretto raccordo con la Dda di Reggio Calabria. Bisogna fare presto, capire rapidamente come inquadrare il delitto, perché il rischio è che a breve arrivi una risposta.

Chi ha voluto eliminare non ha esitato a rompere anni di pax mafiosa fra i rissosi clan della zona e per colpire ha scelto un personaggio di peso del clan che storicamente domina Siderno. Ufficialmente commerciante di carne, Carmelo Muià era uno degli uomini di fiducia del “Mastro” Giuseppe Commisso, boss di primo piano ed eminenza grigia della politica e dell’economia di Siderno e della zona circostante. Un piccolo “vicerè” – spiegano fonti investigative – che per conto del casato mafioso cui apparteneva non esitava a imporre con arroganza estorsioni e forniture.

“Vedi che se firmi un altro contratto e non ti riservi la carne, puoi andare a parlare con chi vuoi, che io con chi dovevo parlare ho parlato… puoi andare a parlare con chi vuoi che qua non scarica nessuno! Ti giuro, può venire Ipercoop, può venire Ipersisa, può venire Auchan, può venire quello che vuoi tu… vedi che la carne o te la porto io o puoi chiudere!” lo hanno sentito dire gli investigatori che lo intercettavano al proprietario del maggiore centro commerciale di Siderno, cui aveva imposto una fornitura di carne. La medesima arroganza con cui, per conto del clan, gestiva i pacchetti di voti che avrebbero determinato il futuro assetto politico della cittadina della Locride.

Elementi che hanno pesato nei procedimenti in cui Muià è stato coinvolto e gli sono costati una condanna a sei anni nel processo “Crimine” e una a sette in “Morsa sugli appalti pubblici”, entrambe per associazione mafiosa, così come un lungo periodo di detenzione. In carcere ci era entrato da “vicerè” e solo dopo sei anni era tornato in libertà, magari con la voglia e il progetto di recuperare il terreno e il ruolo perduto. Ma il “mondo” che Muià conosceva era diverso da quello che ha trovato uscendo dal carcere.

Negli anni, grazie alla pressione investigativa e alle inchieste della magistratura, gli assetti a Siderno sono cambiati molto e forse il suo ritorno potrebbe aver alterato i nuovi equilibri. Oppure, qualcuno ha aspettato che uscisse di prigione per presentargli il conto di un qualche sgarbo del passato. Tutte ipotesi su cui al momento nessuno si sbilancia. “Possiamo solo dire che si tratta di un episodio preoccupante che dimostra la necessità di non abbassare mai la guardia nell’azione di contrasto alla ‘ndrangheta – dice il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, responsabile delle indagini sulla zona jonica – Nella Locride ed in tutto il distretto di Reggio Calabria lo Stato è chiamato a impiegare con costanza le migliori risorse investigative, i cui organici devono essere adeguati rispetto al grande lavoro richiesto. Anche quando non si manifesta con gesti eclatanti o violenti, la ‘ndrangheta mantiene il suo ruolo di primissimo piano nel panorama delle mafie nazionali ed internazionali. Siamo chiamati a svolgere indagini ampie che non si limitino a risultati parziali ma che consentano di avere risposte sempre più precise sulle dinamiche interne all’organizzazione e sulle sue linee evolutive. Lo abbiamo finora e continueremo a
farlo con la dovuta determinazione”.

A Siderno in queste ore c’è chi teme una nuova stagione. “È zona di gente che se la lega al dito” dice un investigatore di lungo corso. E l’omicidio Muià non è guanto di sfida che si possa ignorare.
fonte R.it