Sul delitto del giovane di Siderno rigettate tutte le istanze del legale di costa.Genchi non sarà sentito
Congiusta, “Bocciata” la difesa
A luglio la requisitoria di Mollace. Laratta: “Al papà riconoscimento dallo Stato”
Gianluca Congiusta
di CLAUDIO CORDOVA Reggio calabria –
Gioacchino Genchi non sarà ascoltato in aula all’interno del Tribunale di Piazza Castello a Reggio Calabria.
Vengono sostanzialmente rigettate tutte le istanze difensive nel procedimento d’appello contro i presunti responsabili dell’omicidio
del giovane Gianluca Congiusta, assassinato a Siderno il 24 maggio 2005.
Alla sbarra ci sono il boss Tommaso Costa e Giuseppe Curciarello, entrambi condannati in primo grado. Costa venne punito con il carcere a vita, mentre Curciarello rimediò venticinque anni di galera.
Appena pochi giorni fa, le difese degli imputati avevano chiesto alla Corte d’Assise d’Appello, chiamata a decidere il processo di secondo grado, l’acquisizione di una relazione del superperito informatico Gioacchino Genchi. La Corte presieduta da Bruno Finocchiaro, che nelle scorse udienze ha esposto una relazione introduttiva lunga e dettagliata, ha dunque rigettato la richiesta di ascoltare Genchi, dopo essersi presa due giorni per decidere.
Genchi, tra l’altro, non ha svolto alcuna perizia sul delitto Congiusta. Cosa che ha invece fatto per l’assassinio di Pasquale Simari, avvenuto sempre nel 2005 a Gioiosa Jonica. E proprio dal verbale d’udienza di quel processo si ricaverebbe un’intercettazione ambientale tra il boss TommasoCosta e la moglie Adriana Muià. Una conversazione che per la Corte va trascritta perché potrebbe essere chiarificatrice per l’accertamento della verità. E che quindi andrebbe ad avvalorare ulteriormente l’impiant accusatorio del pm Antonio De BErnardo.
In primo grado la Corte d’Assise di Locri, presieduta da Bruno Muscolo, al termine di una camera di consiglio protrattasi per quattro giorni, condannò al carcere a vita il boss Tommaso Costa, attualmente detenuto in regime di 41bis, e ritenuto uno degli esponenti più in vista dalle ‘ndrangheta sidernese.
Secondo la sentenza di primo grado, Costa sarebbe il mandante e l’esecutore materiale del delitto del giovane imprenditore di telefonia mobile.
Nell’impostazione accusatoria, alla base dell’omicidio sarebbe stata la lettera estorsiva che Costa avrebbe inviato al futuro suocero del giovane, Antonio Scarfò.
Proprio sulla legittimità di alcune lettere dovrà pronunciarsi, nell prossime settimane, la Corte di Cassazione. Qualora la Suprema Corte dovesse depositare entro un mese circa le proprie argomentazioni, nel corso della prossima udienza, prevista per il 5 luglio, il sostituto procuratore generale, Francesco Mollace, dovrebbe effettuare la propria requisitoria.
«Proporrò per il coraggioso e anziano papà Mario, sempre in prima linea nella lotta contro le cosche, un riconoscimento dello Stato, anche in memoria del giovane Gianluca».
A sostenerlo è il deputato del Pd Franco Laratta. «Il papà di Gianluca – dice il parlamentare -, sollevò con forza e determinazione il caso, chiedendo giustizia. Per molti mesi attraversò la Calabria da un capo all’altro, giunse anche a Roma davanti a Palazzo Chigi
per una clamorosa protesta. Della vicenda ce ne occupammo in parlamento, affinché quella tragica storia non venisse dimenticata e archiviata. Solo nel 2007, per quell’omicidio sarà arrestato Tommaso Costa.
Gianluca era un ragazzo solare, aperto, dal sorriso contagioso. Ha pagato con la vita la sua resistenza alle cosche – conclude – La tragica vicenda di Gianluca nonpuò e non deve essere dimenticata dai calabresi. Il giovane può e deve essere considerato un esempio per coloro che vogliono fermare la criminalità organizzata».