Esercito in Calabria

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Ritiro dall’Iraq in nome della legalità in Calabria.
Contributo di Marco Militerno, consigliere comunale a San Giovanni in Fiore, CS

Da troppi anni noi calabresi sentiamo sulle nostre pelli e nei nostri cuori anni di immobilismo politico, intriso di sudicio malcostume, che hanno seriamente pregiudicato le possibilità di sviluppo della nostra terra.

Il governo Berlusconi, con lo sciagurato sodalizio regionale accanto all’ex governatore Chiaravalloti,  ha scavato ancora di più il solco che ci divide dal resto del paese.

 

Nel suo lustro di governo, che avrebbe dovuto rappresentare un nuovo grande miracolo italiano, sono aumentati i divari economici e sociali facendo lievitare ulteriormente il fenomeno migratorio interno come ai tristi tempi dei nostri padri e nonni, nonché l’endemico fenomeno delle truffe di amministratori pubblici, di ogni schieramento, ai danni dello stato e degli enti europei.

Tutto ciò ha rinvigorito la prepotenza mafiosa, elevandola, con gli attentati eccellenti, a forza minacciosa e destabilizzante per un intero paese.

Penso che uno dei fatti concreti su cui l’opinione pubblica calabrese debba insistere nel perseguire l’obiettivo della normalità, nel senso più lato del termine, nella nostra terra sia quello di restituire al controllo dello Stato la nostra regione.

L’intimidazione criminale che si è verificata negli attentati alle cooperative sociali promosse da Monsignor Bregantini nella Locride, il barbaro omicidio del coraggioso imprenditore ucciso a Briatico, nonchè l’ennesimo grido di rabbia del presidente Callipo contro l’inquietante inerzia dello Stato che sembra perpetuarsi anche in questo governo di centro-sinistra, devono essere dei forti punti di riflessione su come lo stato debba tutelare quelle realtà oneste che nella nostra terra rappresentano l’avamposto più autentico e concreto nella lotta contro la n’drangheta.

C’è uno dei punti del programma del centrosinistra che si lega indirettamente e concretamente con  la difesa della legalità nella nostra terra, che va oltre i generici impegni di tutelare la collettività dai reiterati attentati all’incolumità dei cittadini e dalle costanti intimidazioni alle istituzioni pubbliche ed economiche di un territorio: il ritiro delle nostre truppe dall’Iraq.

Oggi più di ieri dopo l’accadimento dei suddetti fatti, bisogna insistere sull’importanza di dispiegare parte delle nostre forze militari stanziate in Iraq, mandate a combattere la guerra dei Bush, della Esso e rispettive sorelle, nei nostri territori dove è più forte l’arroganza e tracotanza mafiosa.

E’ bene ribadire che non si tratterebbe di una militarizzazione del territorio, ma di un dovere civico e costituzionale, prima che politico, che uno stato deve assolvere nei confronti di un suo territorio, da tempo penalizzato da un colpevole immobilismo nella lotta ad una delle più importanti e potenti organizzazioni criminali del mondo.

Un controllo capillare del territorio da parte dell’esercito significherebbe apportare più ossigeno alle già oberate forze di polizia, in affanno sia logistico che intellettuale; un sostegno morale ancor prima che materiale alle innumerevoli realtà sociali che lavorano onestamente sul territorio; una verace dimostrazione di forza di uno stato che vuole debellare il fenomeno mafioso anche attraverso  l’utilizzo della sua istituzione più energica: quella militare.

L’esercito dovrebbe presidiare obiettivi non solo strategici nella lotta contro la mafia come tribunali e caserme, ma anche gli obiettivi, per così dire non convenzionali, rappresentati da aziende e realtà economiche vessate dal sopruso e dall’intimidazione mafiosa, strade, porti ed aeroporti per tutelare l’incolumità dei cittadini e farli sentire a pieno titolo cittadini di uno stato attento e premuroso.

L’operazione, che potrebbe denominarsi “Enotria” , antico e mitico toponimo calabrese già profetico di un’idea stato, oppure “F.lli Bandiera”, in memoria di chi è già morto per le nostre genti in epoca pre-risorgimentale al fine di liberare le nostre genti dal giogo borbonico, potrebbe ispirarsi alla nota operazione “Vespri Siciliani”.

Tale operazione, che ebbe luogo in Sicilia subito dopo lo stragismo mafioso del 1992, servì da un lato a ridare coraggio a chi già in prima linea combatteva il fenomeno mafioso sulle strade e nelle aule dei tribunali, dall’altro a infondere fiducia al popolo stesso, mostrandogli il volto di un stato duro e severo nei confronti di chi voleva incontrastabilmente arrogarsi il diritto di dominare su quel territorio.

Oggi una delle sfide che il nuovo governo deve vincere per liberare la Calabria dal giogo mafioso sta anche in questo.

Pensare di sconfiggere il nemico con le idee è senz’altro nobile e alto, ma talvolta gli estremi rimedi vanno presi anche per garantire che la forza delle idee possa produrre i suoi frutti migliori in condizioni meno depresse ed ostili.

Vogliamo essere italiani a tutti gli effetti: liberi di intraprendere come i lombardi, forti di crescere come gli emiliani, sereni di programmare come i marchigiani.

Calabresi ed Italiani!

dal sito www.calabriaprotagonista.org