«Il pentito Costa non raccontò tutta la verità»

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Al processo Congiusta il collaboratore Curato conferma la confidenza del boss

Il teste della Polizia: «Assegni della vittima regolari, scartata la pista dell’usura»

giuseppe e tommaso costa (2) - Copia

Giuseppe e Tommaso Costa

Di Pasquale Violi

REGGIO CALABRIA – «Giuseppe Costa mi confidò di non avere riferito in aula di un omicidio commesso dal fratello Tommaso». Conferma tutto il pentito Vincenzo Curato e lo fa nell’udienza reggina del processo d’appello bis per l’omicidio dell’imprenditore di Siderno Gianluca Congiusta. Il collaboratore di giustizia, rispondendo alle domande dell’accusa e della difesa, ha ribadito quanto già verbalizzato diversi mesi fa davanti ai magistrati della Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ovvero che il boss Giuseppe Costa, anch’egli pentito, gli avrebbe confidato di non avere raccontato tutta la verità durante l’udienza di un processo a Locri in cui era collegato in videoconferenza.

In particolare Costa avrebbe riferito a Curato di avere volutamente omesso di riferire in aula di essere a conoscenza del fatto che il fratello Tommaso sarebbe stato coinvolto in un omicidio. Un particolare che, se confermato dallo stesso Giuseppe Costa il prossimo 29 settembre, potrebbe riservare non poche sorprese.

Il collaboratore Vincenzo Curato ha però ribadito che Costa non gli fece menzione rispetto a quale omicidio si riferiva. Dubbi che nella prossima udienza potrebbero essere fugati dallo stesso Giuseppe Costa che verrà sentito nel processo sull’omicidio di Gianluca Congiusta in cui unico imputato è il fratello Tommaso.

Ma prima del pentito Curato in aula sono stati sentiti anche alcuni uomini della Polizia di Stato. Su tutti il dirigente Giordano, nel 2005 in servizio al Commissariato di Siderno, che, rispondendo alle domande dell’accusa e della difesa, ha puntualizzato di avere svolto degli approfondimenti in merito alla pista dell’usura che inizialmente era tra quelle battute per fare luce sul delitto di Gianluca Congiusta. Giordano ha raccontato di aver contattato tutti i firmatari degli assegni ritrovati nella disponibilità dell’imprenditore assassinato e di avere ricevuto da loro spiegazioni plausibili che riconducevano a operazioni lecite e spesso legate all’attività di vendita di telefonini di cui Gianluca Congiusta era titolare. Dopo questi accertamenti visti gli esiti la pista dell’usura venne immediatamente abbandonata.

E ancora un altro appartenente alla Polizia di Stato che seguì le indagini ha ribadito che su piste alternative, come quella sentimentale, non si trovarono riscontri di sorta per proseguire le indagini. La prossima udienza è fissata a Reggio Calabria per il prossimo 29 settembre.

Fonte: il quotidiano